AA.VV. – Vieni e impazzisci (1975)
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Anelito all’infinito, al ‘diverso’, o proiezione al di fuori di noi di quanto è nascosto nei recessi più oscuri del nostro io — per esorcizzarlo e neutralizzarlo, e riuscire a conviverci: chiunque può scegliere la sua personale spiegazione dell’orrore, che in mille forme risorge tra noi. Magia e stregoneria in riti segreti o più o meno pubblici, patetica rivalutazione — tra un ribollire di polemiche — di teorie extra — e antiscientifiche, e un rifiorire di attività nel campo della pubblicistica (libri e riviste ‘arcani’) e dello spettacolo (vedi ‘L’esorcista’, film accolto con le reazioni più contrastanti, comunque eloquente testimonianza dei tempi).

Ma tutto ciò, è chiaro, non nasce oggi. La narrativa fantastica ha pagato in questi ultimi due secoli abbondanti tributi al romanzo gotico, al nero, all’orrore; molti affermano che financo la fantascienza — quella dei mostri spaziali — è nata dalla letteratura del terrore. Una trentina d’anni di fantascienza tecnologica e sociale sembravano aver spazzato via questa fonte ispirativa, con gli orrori — per così dire — ‘solari’, della bomba atomica e delle dittature consumistiche o socialiste; e con gli ormai tramontati inni fiduciosi a una scienza e a una tecnica risolutrici di ogni problema.

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